Sulla nave eravamo quasi tutte vergini.Avevamo i capelli lunghi e neri,
Tutte avevamo la foto del nostro futuro marito.Le immagini erano quelle di giovani bellissimi che scrivevano di possedere case e di svolgere lavori interessanti.
Quando sbarcammo alcune di noi trovarono ad attenderle gli stessi uomini delle foto ma con vent'anni di più (le foto che avevano inviate erano di quand'erano giovani),alcune scoprirono che le foto erano di amici, di cugini, di fratelli.
Tutte noi trovammo contadini e operai,braccianti,mercadali che non possedevano nulla.
La prima notte di nozze ci presero dolcemente, ci presero supine sul pavimento di un motel,ci presero in luride stanze, ci presero prima che fossimo pronte e sanguinammo per giorni, ci presero con i nostri kimono bianchi attorcigliati sulla testa e credemmo di morire.Ci presero al buoi,ci presero anche se li mordevamo, ci presero anche se li insultavamo.
Ci portarono nei campi dei bianchi e ci dissero di raccogliere le loro fragole,i loro fagiolini,le loro mandorle,i loro asparagi etc etc.Ci insegnarono a dire "acqua" e ci dissero che questa parole ,nei campi,ci avrebbe salvato la vita.Ci misero a servizio delle donne bianche,fummo gentili,fummo docili, pulimmo la loro sporcizia,accudimmo i loro bambini,ascoltammo i loro lamenti,mentimmo per loro e qualche volta,quando loro non c'erano,il Boss(il padre dei loro figli), ci prese come i nostri mariti.
Ci insegnarono una nuova lingua,una nuova cucina, ci diedero nuovi abiti,ci cambiarono i nomi.
Partorimmo in capanne,in bettole,lungo la strada, nei campi.Partorimmo da sole, con l'indovina, con nostro marito.Continuammo a pulire,zappare ,servire e quando scoppiò la guerra,nonostante noi e i nostri figli avessimo inparato la loro lingua,servito nelle loro case, lavorato la loro terra, costruito le loro strade,le loro case,le loro chiese, ci misero sui treni e ci spedirono nei campi di concentramento perchè non eravamo esseri umani,ma musi gialli.
Questo libro parla delle donne giapponesi ,piccole bambine di quattordici anni che a migliaia il secolo scorso,a bordo di navi attraversarono l'oceano direzione California,sposate per procura,costrette ad accetare un marito mai conosciuto in un paese lontano per non morire di fame.Un libro simile,sono convinto,potrebbero scriverlo le migranti italiane,irlandesi,polacche,russe,turche,congolesi,nigeriane etc etc l'unica differenza sarebbe la lingua, ma le sofferenze e le umiliazioni subite sarebbero le stesse.
L'8 marzo è troppo poco per ricordare tutte le donne che sono venute dal mare con la speranza di sbarcare nella terra promessa ed invece si trattava dell'inferno.
l'8 marzo è troppo poco per ricordare a noi uomini che veniamo da una donna e che solo per questo meriterebbe il rispetto che merita chi il segreto della vita lo porta con se dall'inizio alla fine dei suoi giorni.
di Luigi De rosa
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