Sàndor Nàrai
Adelphi pp 194 € 18,00
isbn 9788845927737
"Sono trascorsi trent'anni da quando sono emigrato dall'Ungheria, dove i comunisti avevano preso il potere con la violenza.Non ho lasciato la mia patria perchè temevo che i comunisti non mi avrebbero permesso di scrivere.Sono andato via piuttosto perchè temevo - non senza una buona ragione - che non mi avrebbero permesso di rimanere in silenzio. (E hanno i mezzi per farlo)"
Sàndor Màrai, Salerno 1978
In questo romanzo Màrai racconta una giornata particolare della vita del grande scrittore ungherese Gyula Krùdy che viene ricordato nel romanzo, adoperando lo pseudonimo di Sindbad il marinaio uno dei suoi personaggi più celebri. La descrizione di questa giornata si offre a più interpretazioni, Sindbad è al verde, servono i soldi per saldare le bollette delle luce che la Compagnia elettrica gli ha staccato, deve comprare un abito per il giorno dergli esami alla piccola Zsòka, sua figlia, a ricordarglielo è la moglie, svegliatasi anch'essa di primo mattino. Sindbad rassicura la moglie, ha degli articoli da consegnare a Vàrdali, il redattore del quotidiano Magyar Szabadsàg,un suo caro amico, i soldi dunque li troverà.Quando però lascia la sua casa nel sobborgo di Òbuda, Sindbad sembra perdersi nelle sue fantasticherie, invece di prendere un mezzo pubblico, sceglie una costosa carrozza,buttando via preziosi pengö. Sindbad vive in un mondo di sogni, completamente innamorato della vecchia Ungheria, attraversa Buda e Pest inseguendo ricordi, fantasmi letterari, tornerà a casa con i soldi?
Questo romanzo è un omaggio ad un maestro dimenticato della Letteratura ungherese, quando le tribù magiare lasciarono gli Urali dirette verso Sud, portarono con loro solo archi e frecce, erano alla ricerca di pascoli, parlavano una lingua che non capivano nè gli Slavi nè i Germani, furono gli scrittori e i poeti come Sindbad a trasformare i pascoli in una patria , il magiaro in Letteratura.
Anche noi italiani abbiamo avuto i nostri Sindbad, mi viene in mente Emilio Salgari, narratori straordinari ingiustamente accantonati , uomini sui quali la sfortuna si è accanita. Amara soddisfazione per questi autori che Sindbad o Sandokan siano sopravvissuti a tutto quel dolore che avevano dentro i loro creatori. Uno scrittore non dovrebbe mai essere costretto al silenzio o a scrivere per fame.
di Luigi De Rosa
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