25 lug 2011
Vengo dopo il tiggì,vengo e mi metto lì
Giganti della politica
Post n°683 pubblicato il 20 Luglio 2011 da middlemarch_g
Tag: Cose che avrei voluto non vedere
A me piace ascoltare il telegiornale di straforo. Siccome non mi regge lo stomaco per guardare certe facce da culo inquadrate direttamente dalle telecamere, ho sviluppato una tecnica che mi consente di tenermi aggiornata senza gravi ricadute sul fegato: dalle 20 alle 20.30 faccio la massaia con il tiggì in sottofondo. Così nei casi di rodimento esagerato ho sempre tra le mani qualcosa che mi tiene impegnata e mi obbliga a ricordarmi che la vita è altrove.
Insomma ieri avevo intenzione di fare i piselli coi dadini di speck, e mentre ero tutta intenta alla preparazione del soffrittino, mi ha raggiunto questa dichiarazione di Scilipoti: dovremmo votare a scrutinio segreto. Non escludo di essere proprio io a chiederlo. Credo che l’oggetto della votazione fosse l’autorizzazione all’arresto di Papa, ma non è questo il punto. Il punto è l’autocoscienza di Scilipoti. O meglio ancora: l’autopercezione di Scilipoti. Il Senso del Sé di Scilipoti.
Scilipoti è uno di quei personaggi che spiegano l’italianità molto meglio di quanto potrebbe fare Habermas se solo avesse voglia di occuparsi di questa merda di paese. Infatti non lo fa, ed è un peccato. Ma non è nemmeno questo il punto. Il punto è che Scilipoti crede di essere arrivato da qualche parte – e ne inferisce per conseguenza la conferma di quel che sospettava da sempre, e cioè di essere un uomo di incredibile statura morale - per il solo fatto che appare in giro e che si parla di lui. Deriva insomma il senso della sua identità da input esterni. Cioè l’esatto contrario di quello che fa qualsiasi individuo dotato di uno straccio di personalità. Quando sei consapevole di quel che vali – poco o molto non fa differenza – le conferme che ti arrivano dal’esterno non spostano di un centimetro la tua centratura. Sei bilanciato interiormente, e le cause contingenti possono determinare solo una mutazione di rotta, non di stabilità. Scilipoti invece si vede in foto sulla terza pagina della Repubblica – quelle fotine patetiche prese dalla piccionaia in cui sembri una marionetta bassa, grassa e calva anche quando non lo sei, per cui figurati a cosa puoi arrivare ad assomigliare quando la tua dotazione di base è quella di uno Scilipoti – e ne ricava la convinzione di essere un uomo con un certo spessore politico.
Insomma non capisce che l’unico motivo per cui gode oggi di modesta notorietà, è che si tratta di una figura patetica perculata dall’universo parlamentare e dall’intero paese civile per l’unica ragione che è ridicolo perfino per una nazione che su questo tema si allinea su standard di molti superiori ai più prestigiosi livelli internazionali. Scilipoti è ridicolo a partire dal nome – che costituisce il 50% del suo indiscutibile fascino e che, ci scommetto, entrerà nel lessico familiare di questo paese per molte generazioni a venire anche quando di lui avremo perso tutte le tracce; è ridicolo perché parla di sé in terza persona per colmare l’unica peculiarità davvero fuori dall’ordinario che possiede, cioè il complesso di inferiorità; è ridicolo perché è un personaggio da commedia dell’arte; perché si presta a fare da catalizzatore di ogni possibile sfiga – a chi non capita di pensare nella vita: a me andrà anche male, ma ci pensi che potevo nascere come Scilipoti? – è ridicolo ontologicamente soprattutto per una ragione: perché non sospetta di nulla. Crede di essere Uno di Loro. E per conseguenza Uno Molto Superiore a Noi. E tutto questo perché? Magari solo perché da bambino gli rubavano il pallone e poi non ce lo facevano nemmeno giocare.
Dio, i disastri che può provocare un'infanzia infelice.
(Questo scritto è tratto dal Blog http://blog.libero.it/middlemarch - la foto in alto è tratta dal web)
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